Entrando nel laboratorio di Samca, si
ha subito l'impressione di fare un salto nel passato, più o meno di
circa 40 anni. Ma è solo un impressione. In effetti, osservando
alcuni corpi macchina che sono esposti in una vetrina all'ingresso,
si capisce che gli anni trascorsi potrebbero essere qualcuno di più.
Incontrando Luigi Sammartino e Luigi
Casanova si ha il piacere di conoscere persone di esperienza, legate
al loro passato, ma molto piacevoli e desiderose di condividere il
loro mondo, un po' all'ombra di un marchio storico. Io ed Emanuele ci
sentiamo immediatamente come i bimbi il cui nonno li porta in bottega
a scoprire un sacco di cose mai viste e incominciamo le riprese.
L'atmosfera si trasforma e i visi si fanno seri al via di una
narrazione che odora di nostalgico. Colpa un po' della timidezza
davanti alla videocamera per la prima video intervista, ma ansiosi di
dire quante più cose possibili per lasciare qualcosa di quella
'specie' in via di estinzione, come già ci aveva fatto intendere
Sammartino al primo incontro.
In realtà Gino, come si fa chiamare,
lo avevo conosciuto 7 anni prima, ignaro di tutta la storia che gli
apparteneva, perché cercavo qualcuno che mi aiutasse a riparare la
mia QL 25. Già in quell'occasione capii che Samca era una miniera
d'oro per la storia della fotografia.
Così, quando incomincia l' intervista,
ci rendiamo subito conto che sarà lunga. Mentre parliamo Gino non
riesce a stare fermo sulla sedia e ci racconta di come ha iniziato la
sua avventura nell'allora ditta Cattaneo. Per lavoro, ma rimasta
passione per tutta la vita, tanto da non potersi sottrarre a
condividerla con il club dell'AMT.
Entrando nel vivo del discorso,
scopriamo che, come per altri mestieri in quegli anni, la professione
si imparava davvero: con metodo, disciplina ed applicazione,
lasciando nessun dettaglio al caso, questo valeva per tutti, non solo
per i più bravi. Credo che in questo Samca sia una sintesi ed una
dimostrazione di come un mestiere possa protrarsi così a lungo nel
tempo.
S'intende anche nell'orgoglio che
trapela quando, sulle parole di Sammartino, tuona la voce di Casanova
che ricorda, con leggero accento genovese, della necessità di
impiegare 16 ore di lavoro per cambiare un tamburo in M5. Da fare
impallidire i riparatori moderni...
Ma Leica é soprattutto storia e
tradizione, se lo ricordano bene i due soci e i loro clienti, molti
dei quali sono collezionisti. A suggellare questo, sulla parete,
insieme a tanta documentazione fotografica, c'è il ricordo della
visita ad Olms, nei nuovi stabilimenti Leica, che immortala la prima
UR di Barnack. Roba da brivido. Lo documentano anche alcuni amici del
gruppo Storia della Fotografia su facebook che nel 2011 hanno
compiuto questo viaggio insieme a Sammartino e lo celebrano ancora
con affetto. Modelli M, R, III e IIIf, 250, pezzi unici da collezione
come la M regalata al Dalai Lama sono passati di qui, strumentazione
unica in Italia, come quella per la centratura delle maschere, ma,
come dice rassegnato Casanova girandosi dall'altra parte, 'ormai é
tutto finito'.
Mentre alla domanda 'c'è qualcuno
interessato alla vostra storia, a tutto questo materiale, come una
fondazione, per esempio?'. La risposta suona drammatica: 'purtroppo
no'. Non li lasciamo senza aver prima accettato alcuni doni, in
ricordo del nostro incontro, che accettiamo molto volentieri e con
l'auspicio, come Associazione Culturale Foto Club Valle Scrivia, che
si possa trovare un finanziatore per salvare questo patrimonio
storico che ha rappresentato quasi un secolo della recente
fotografia, di valore tecnico e culturale, e che parla anche un po'
genovese.
Davide Merlo
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